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La penicillina è nata in Italia. Lo strano caso del dott. Tiberio

L’ Italia ha contribuito in qualche modo alla scoperta degli antibiotici? O dobbiamo realmente attribuire tutti i meriti soltanto al medico scozzese Alexander Fleming, scopritore della penicillina? Si tratta effettivamente di dubbi leciti ai quali, forse, si potrebbe trovare una risposta scavando negli archivi polverosi dell’ Istituto di Igiene dell’ Università di Napoli, in cui è stata ritrovata una pubblicazione sulla rivista degli Annali di Igiene Sperimentale, nota rivista scientifica della fine dell’ ‘900, proprio sul tema degli antibiotici. L’autore di questo articolo è un brillante medico italiano, purtroppo sconosciuto, di Sepino (CB), il Dr. Vincenzo Tiberio (Sepino 1869 - Napoli 1915)

Laureatosi nel 1893 all’ Università di Napoli, divenne assistente presso l’ Istituto di Igiene della medesima Università, dove lavorò con passione, occupandosi soprattutto di sperimentazioni mediche, coadiuvato dal suo direttore, il Prof. Arnaldo Cantani. Nel 1895, a solo 25 anni, il dott. Tiberio pubblicò un articolo rivoluzionario (forse troppo per l’epoca) sulle muffe, che precedeva di circa 35 anni l’ antibiotico-terapia introdotta da Fleming con la scoperta della penicillina (1929). Tiberio si dedicò allo studio dei funghi e delle muffe e, come molto spesso accade in ambito scientifico, la sua scoperta nasce da una casualità.

Egli constatò episodi di dissenteria tra i suoi familiari, nella casa degli zii ad Arzano, in provincia di Napoli, prorpio quando il pozzo adiacente l’ abitazione, da cui era attinta l’ acqua per uso familiare, veniva ripulito e così effettuò dei prelievi nel pozzo per analizzare la potabilità dell’ acqua. Con sua grande sorpresa, trovò che l’ acqua era del tutto sterile, ma si accorse della presenza di un’ abbondante muffa sulle pareti interne del pozzo. Con quella osservazione ipotizzò, con grande intutito, che la sterilità dell’ acqua potesse essere dovuta ala presenza prorpio di quelle muffe presenti nel pozzo e che la pulizia delle pareti interne del pozzo stesso, determinasse una scomparsa di tale azione sterilizzante con le conseguenti dissenterie.

Analizzando in laboratorio il materiale raccolto, riscontrò effettivamente la presenza di Aspergillus Flavescens, Penicillum Glaucum e Mucor mucedo. Rimaneva da dimostrare se le muffe fossero capaci di rendere l’ acqua sterile e se esisteva la possibilità di utilizzare questo rapporto causa-effetto anche ai fini igienici generali ed eventualmente anche nella cura delle malattie infettive. A tale scopo aveva intrapreso delle ricerche, portate avanti con rigore scientifico: dopo l’ estrazione delle muffe, per valutare il potere battericida di queste, mise in contatto i bacilli virulenti di colera e tifo con le muffe in esame e evidenziò effettivamente la capacità di impedire la sopravvivenza dei germi patogeni.

Ma il dott. Tiberio si voleva spingere ancora oltre: aveva l’ obiettivo di valutare il potere battericida non solo in vitro, ma anche in vivo, sugli umani. Quindi con la collaborazione di cavie, procedette in maniera molto accurata ed effettivamente evidenziò la capacità delle muffe di bloccare le malattie. Tali esperimenti e risultati sono ricollegabili alle intuizioni di Pasteur, il quale, nel 1877, aveva affermato l’ esistenza di un antagonismo tra i microbi, per cui “spesso la vita di un batterio impedisce e arresta quella di un altro”. Forse, se l’ intuizione del dott. Tiberio fosse stata colta dal mondo scientifico, probabilmente la storia dell’ antibiotico-terapia sarebbe cominciata molti anni prima e si sarebbero salvate tante vite umane, in particolare i molti feriti della Prima Guerra Mondiale.

E invece, l’articolo di Tiberio è stato, all’epoca, completamente sottovalutato e passato nel dimenticatoio. Chi sa se l’articolo non sia stato letto da Fleming e dai suoi collaboratori, che però non si sono sentiti in dovere di citare il medico italiano nelle loro successive pubblicazioni? Ovviamente la verità non la sapremo mai, ma ogni scoperta, in tutta la storia dell’ umanità, non è mai attribuibile ad una sola persona, ma rappresenta quai sempre il risultato finale di un fenomeno graduale, a cui contribuiscono individui diversi, in tempi successivi.

Pertanto senza nulla togliere ai meriti e alla gloria di chi taglia il traguardo finale, Sir A. Fleming, è però doveroso ricordare quanti hanno contribuito alla staffetta intermedia, e tra questi anche il dott. Tiberio. In più per raggiungere certi obiettivi occorre la fiducia degli altri, ma, forse ancora di più, occorre credere nelle prorpie idee con determinazione e portarle avanti con tenacia. Se qualcuno avesse dato ascolto al giovine dottore lucano, un pozzo “dalle uova d’oro”, probabilmente sarebbe stata scritta una pagina di storia diversa.

 

Donatella Tansella

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